Giovanni Aricò, 7 Dic, 2020

Come analizzo i sogni (e perché dovresti farlo anche tu) #084

L’analisi dei sogni è uno degli strumenti che uso di più in terapia con adulti e genitori. In questa puntata ne parlo e provo a mostrare che da un sogno si può avere un’indicazione su come risolvere un problema. In che modo? Analizzando un mio sogno e mettendolo in pratica.

Dottore, non so cosa fare

Una delle domande che ricevo di più è: Cosa devo fare? Genitori e adulti che vengono da me in studio (o online) mi chiedono di aiutarli a ritrovare una direzione, a uscire dalla nebbia, a trovare una soluzione nuova a vecchi problemi. 

Rispondere a questa domanda è difficile, per diversi motivi. Intanto chi me la fa ha già provato delle soluzioni, senza successo e proporre la mia soluzione facile facile rischia di essere addirittura offensivo. Sarebbe come dire “Sei proprio stupido a non aver visto che la soluzione al problema che ti porti dietro da così tanto tempo io lo posso risolvere in pochi minuti”. 

Inoltre le informazioni che ha la persona seduta davanti a me sono molte di più di quelle che ho io, perché io conosco solo quelle che mi ha raccontato e ci vuole del tempo prima che una persona si fidi abbastanza da poter raccontare “tutto”. 

Infine c’è l’aspetto inconscio: ci sono cose di cui non siamo consapevoli, o che sono troppo dolorose e che non raccontiamo. Per aggirare questo problema io utilizzo l’analisi dei sogni.

I sogni sono cose da bambini

Se sei un genitore forse ti starai domandando “ma a me cosa dovrebbe interessare dei sogni?” Prima di andare avanti voglio farti riflettere su una cosa. I bambini e i ragazzi sono predisposti a comunicare su un piano simbolico. I loro pianti hanno un significato, i loro gesti hanno un significato, per affrontare le difficoltà usano il gioco, il disegno, le storie. 

Aldilà dell’analisi dei sogni, ritengo fondamentale che un genitore si apra a dimensioni più legate alla creatività e all’immaginazione per avvicinarsi al linguaggio dei figli. Anche se non hai in mente di iniziare una psicoterapia, ti consiglio di dare spazio al tema dei sogni. È un esercizio utile per avvicinarti a un linguaggio più vicino a quello dei tuoi figli e, in poche parole, capirli di più (oltre che capire meglio anche te stesso).

A cosa servono i sogni?

Ancora oggi non è del tutto chiaro a cosa serve sognare. Le ipotesi più credibili indicano che è un modo che il nostro cervello ha di affrontare i problemi incontrati durante la vita da svegli, di elaborare fatti che ci hanno toccato da un punto di vista emotivo, di trovare soluzioni nuove e creative. 

In questo senso io utilizzo i sogni come una specie di “radiografia” della mente del sognatore in questo momento della sua vita. Analizzando il sogno si può vedere come il sognatore affronta i problemi della vita e come reagisce alle emozioni forti. Il sogno è anche uno strumento per far venire a galla ricordi che sembravano dimenticati, giudizi verso gli altri, punti di vista diversi su una stessa situazione. Infine, e ancora più importante, i sogni a volte propongo soluzioni nuove e creative ai problemi. Offrono suggerimenti.

Come uso i sogni in psicoterapia

Quando un genitore mi contatta per iniziare una psicoterapia, una delle prime cose che chiedo è se sogna. Se la risposta è sì, iniziamo a parlare dei sogni e chiedo di scriverli durante la settimana per poi raccontarli in seduta. Se la risposta è no, chiedo di provare a fare più attenzione e di scrivere tutte le immagini che si ricordano. Dopo un po’ di tempo, quasi tutti ricominciano a ricordarsi i sogni. Questo lavoro serve a QUATTRO cose:

  1. Esercizio di attenzione verso di sé e il proprio mondo interiore. Lo stesso processo di dedicare qualche minuto la mattina a ricordare i sogni e scriverli a mano su di un taccuino è terapeutico. Ci si allena a guardarsi dentro e scrivere i sogni è un modo di integrare le informazioni emotive e cognitive. Anche senza interpretazioni questo esercizio è utilissimo per essere più presenti a se stessi.
  2. Evoluzione della terapia. Monitorare i sogni permette di avere il polso dell’andamento della terapia. È comune che se sogni di essere minacciato da un mostro, nel corso della terapia questa storia abbia delle evoluzioni: riesci a salvarti, parli con il mostro e scopri che non è cattivo, non sogni più di scappare da nessuno. Essendo una fotografia della situazione attuale, se riusciamo a lavorare bene su alcuni aspetti, questa cosa si vedrà anche nei sogni.
  3. Materia su cui lavorare insieme. Come ho già detto i sogni forniscono immagini, situazioni, informazioni, simboli che possono diventare la materia sulla quale lavorare. I sogni offrono spunti per parlare di cose accadute nella vita di tutti i giorni o costringono a confrontarsi con aspetti di noi che non ci piacciono ma che è importante affrontare per crescere.

Al quarto motivo voglio dedicare un paragrafo a parte.

Soluzioni creative a problemi vecchi

Il nostro cervello è una macchina fantastica e durante i sogni da il meglio di sé. Perché oltre a “fotografare” la nostra situazione psichica, il sogno cerca di trovare soluzioni ai problemi. A volte lo fa in modo così ambiguo e paradossale che non ci diamo peso, commettendo un grave errore. 

Se ascoltassimo un po’ di più le proposte che fanno i nostri sogni forse riusciremmo a trovare soluzioni creative per affrontare problemi vecchi. Perché una delle difficoltà nel risolvere i problemi è che cerchiamo di farlo senza uscire dagli schemi che hanno creato quel problema. I sogni possono essere d’aiuto per uscire da questi schemi. 

Voglio dimostrartelo raccontandoti un mio sogno e come voglio provare a sfruttare il suo significato in modo pratico proprio per Crescere Con Tuo Figlio.

Alla ricerca della vestaglia perduta

Alcune notti fa ho fatto questo sogno. Prima lo scrivo così com’è, poi spiego alcune immagini (è la stessa procedura che faccio in terapia).

Lavoro in uno studio molto grande con dei colleghi sconosciuti. Ci sono 3-4 colleghe donne circa della mia età e un collega uomo anziano. Lo studio è al piano terra di una villetta in un quartiere residenziale, è un open space con una sala grande con due poltrone, un angolo cucina e un fondo una camera da letto o spogliatoio.

Accade che mi comunicano che ci ha contattati Luca Mazzucchelli perché voleva fare un colloquio di psicoterapia e che lo avrei dovuto seguire io. Abbiamo appuntamento alle 18. Io sono fuori da qualche parte e devo tornare in studio entro le 18. Accadono un sacco di imprevisti: non trovo la strada, c’è traffico, ecc. 

In particolare ricordo che non trovavo il vestito giusto da mettere: mancano le scarpe, i pantaloni giusti e rimango in quella stanza da letto insieme al collega anziano che anche lui continua a cambiare vestito. Non sono mai pronto e intanto sono già le 18.30 e Luca è arrivato, ha fatto conoscenza con i colleghi e mi aspetta. Sembra sicuro di sé, io invece non so nemmeno che vestiti mettermi e poi anche lo studio è strano, le poltrone sono in mezzo alla stanza, non c’è privacy non so se è il posto adatto.

A un certo punto decido che basta, devo fare questo colloquio e mi metto una specie di vestaglia eccentrica. Non è per niente un vestito “da psicologo che fa i colloqui” ma finalmente mi sento a mio agio e vado di là per iniziare. Nel frattempo invece Luca sembra più insicuro, si sta mettendo una parrucca bionda per non farsi riconoscere e un plaid per il freddo. Io con calma vado a fare un té mentre si prepara e poi mi siedo sulla poltrona e lui di fronte a me. Finalmente iniziamo il colloquio.

I sogni sono qualcosa di molto intimo e mai mi permetterei di condividere il sogno di un paziente. Però questo è un mio sogno e con te voglio sbottonarmi un po’ e farti vedere come lavorerei con questo sogno.

Partiamo da un’informazione: chi è Luca Mazzucchelli. Se non lo conosci devi sapere che è un collega che da anni è molto conosciuto sul web grazie ai molti contenuti che condivide. Io non lo conosco personalmente e quindi posso pensare di trattare questa immagine come un ideale.

Il sogno racconterebbe quindi il mio rapporto con un’immagine ideale di me, quella di essere lo psicologo che lavora con Mazzucchelli o, detto altrimenti, di diventare un professionista di successo (eh sì, anche noi psicologi abbiamo di questi problemi).

C’è un problema però: c’è sempre qualcosa che rallenta il mio percorso. Questo qualcosa è il cercare “il vestito giusto” o “il vestito da psicologo”. Tradotto, di cercare di adeguarmi a un modello che rimanda all’immagine condivisa di come dovrebbe presentarsi uno psicologo. Cioè, il sogno fin qui dice: tu vuoi avere successo nel tuo lavoro ma cerchi di farlo come pensi che dovrebbe essere fatto, ma c’è poco di tuo e non funziona.

Come ti dicevo il sogno propone anche la soluzione creativa: metti una vestaglia eccentrica e fatti un té. Così facendo, l’ideale (Luca Mazzucchelli) si sgonfia, perde potere, si raffredda e io riesco nel mio obiettivo.

Quindi, alla fine il sogno mi sta dicendo: se vuoi avere successo nel tuo lavoro devi metterci qualcosa di tuo, fuori dagli schemi, che uno psicologo non farebbe

La mattina seguente ho riflettuto molto su questo sogno. Il suo messaggio in parte mi feriva (io non ho di queste ambizioni!) ma so anche che i sogni non si fanno di questi problemi e si limitano a dire quello che devono dire. Questo sogno è un consiglio che viene dal profondo della mia mente, da uno sguardo che forse sta vedendo le cose in modo più completo di come voglio raccontarle io nella mia vita cosciente. 

Se me lo avesse portato un paziente avremmo pensato a come mettere in pratica questa idea creativa nella vita di tutti i giorni, e così voglio provare a fare.

Alcuni di voi sanno che una delle mie passioni è la cucina. Non sono un grande cuoco ma mi piace cucinare. Se facessi una rubrica di cucina? Perché non aggiungere un piccolo “angolo cottura” nel mio podcast? Forse può essere questa la mia vestaglia eccentrica: parlare di una mia passione per uscire dallo schema del “dover essere così”. Forse penserai che sono impazzito e lo capisco: è quello che pensano anche le persone vicine ai miei pazienti, quando vedono fare loro cose che mai avevano provato prima.

Volevo farti vedere come lavoro con i sogni e mi sembrava sincero farlo fino in fondo. Per cui da oggi, se ascolterai il podcast, alla fine troverai una piccola rubrica dove parlo di cucina ai genitori dal punto di vista psicologico, per sfruttare il cucinare con i figli come strumento terapeutico della relazione. Ecco la prima:

La ricetta per crescere

PANCAKES (dosi per 6 pancakes)

1 tazza di farina autolievitante (oppure farina che volete + mezzo cucchiaino di lievito istantaneo)

1 tazza di latte (va bene anche vegetale o solo acqua se siete intolleranti)

1 uovo (può essere eliminato per i vegani, verrà un po’ più “focaccioso”)

1 pizzico di sale

1 noce di burro

(Non c’è zucchero, non è un errore. Non serve secondo me, molto più interessante il contrasto tra il sapore sapido del pancake e il dolce di quello che ci volete mettere sopra o dentro).

Divertitevi a provare versioni diverse: gocce di cioccolato, mirtilli, banana-pancakes, oppure classici con sopra marmellata, nutella, yogurt con frutta. Chiedete ai vostri figli cosa piace, sfruttare l’occasione per fargli conoscere sapori nuovi. Volendo potete fare anche versioni salate (per questo non metto zucchero!).

Procedimento:

  • Sciogliete il burro a fuoco basso o a bagnomaria;
  • Aggiungete in una ciotola abbastanza grande farina (con lievito), latte, uovo, burro sciolto e sale.
  • Mescolate con una frusta. Quando non ci sono grumi lasciate riposare.
  • Prendete una padella e mettetela su fuoco vivace. Nel frattempo pulite le cose che avete sporcato e fate ordine.
  • Quando la padella è calda e nel composto compare qualche bollicina (il lievito che si attiva) versate un mestolo (di quelli da zuppa) di composto. 1 mestolo = 1 pancake.
  • Aspettate 1-2 minuti e poi giratelo. Ogni pancake si cuoce in 2-3 minuti. Se avete una piastra apposta ancora meglio.
  • Andate avanti finché non finite il composto. 
  • Poi andate a svegliare qualcuno e mangiateli insieme

P.S. 

I pancakes non si mangiano mai da soli, si fanno per mangiarli insieme a qualcuno, che di solito sta ancora dormendo. In pratica nel cucinare i pancakes c’è una componente di altruismo. 

L’altruismo è un meccanismo incredibile per ridurre i livelli di stress. Ci sono diverse ricerche che mostrano come in situazioni di disastri naturali (tsunami, terremoti) chi soccorre gli altri ha dei livelli più bassi di stress post-traumatico rispetto a chi non lo fa. In altre parole, fare qualcosa per gli altri abbassa il tuo stress. Fare i pancakes per la tua famiglia può essere un modo di gestire lo stress accumulato durante la settimana. Farli con i tuoi figli è un’idea per insegnare un modo di gestire il loro stress in una maniera sana. 

Giovanni Aricò

Giovanni Aricò

Sono Psicologo e Psicoterapeuta e nel 2011 ho iniziato a lavorare con i bambini e gli adolescenti. Oggi aiuto i loro genitori a trasformare le urla in abbracci.

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