Dalla mia esperienza, i due desideri che esprime quotidianamente ogni genitori sono:
- Sopravvivere ai momenti difficili;
- Favorire un sano sviluppo dei figli.
Dall’incrocio di queste due dimensioni di gioca, tutta la partita di una buona genitorialità. Per poter giocare bene però bisogna essere in forma. Come per uno sportivo, senza la giusta preparazione mentale ed emotiva un genitore rischia di non riuscire ad esserci al 100% per la propria famiglia e per sé.
Parti dalle tue difficoltà
Per essere in grado di gestire i momenti difficili dei figli devi essere allenato a gestire i tuoi momenti difficili. Mica facile. Ad ogni genitore è capitato almeno una volta nella vita di perdere la testa e alzare la voce con i propri figli. In tutte le relazioni si toccano corde emotive a volte tese e in particolare con i figli si possono toccare corde che riguardano la propria infanzia e che fanno ancora male. Oppure conflitti che sono rimasti non risolti e che dopo giorni o settimane ancora provocano scontri e incomprensioni.
È normale, può capitare e di per sé non provoca danni gravi ai figli, se rimangono casi isolati. Stai tranquillo. Però, per farli rimanere casi isolati di una normale relazione (una relazione senza conflitti non è una buona relazione!) è necessario che ogni genitori investa del tempo e delle risorse per occuparsi delle proprie fatiche e difficoltà.
Se leggi questo articolo o ascolti i miei podcast probabilmente un primo passo lo hai già fatto: hai capito di dover affrontare alcune cose per il tuo bene e per quello delle persone che ti stanno a cuore.
Ecco alcuni esempi di “difficoltà”:
- Rabbia esplosiva
- Tristezza che ti abbatte
- Ansia e preoccupazione eccessive
- Crisi di pianto
- Perdere la testa
- Temi caldi che si ripetono (scuola, pulizia, tecnologia…)
- Ricordi dolorosi che ritornano contro ogni previsione.
Ti puoi permettere di non fare niente?
Nonostante tu abbia capito che c’è qualcosa che non va, ci sono sempre degli ostacoli. In questo momento non puoi permetterti una psicoterapia, il 2020 ha messo in difficoltà il tuo conto corrente. Non hai tempo, tra il lavoro e i figli di incastrare un’altra cosa. Spesso la soluzione più facile è non fare niente. Rimandare. Darsi una motivazione razionale. Pensare di potercela fare da soli, come si è sempre fatto.
Se pensi di non poterti permettersi una psicoterapia in questo momento, voglio farti una domanda: pensi di poterti permettere di non fare una psicoterapia?
Se senti di essere affaticato, se ti rendi conto di perdere la testa, di non essere un genitore efficace, per quanto tempo puoi permetterti di non fare niente? Come dicevo all’inizio è fondamentale che un genitore sia ben allenato per giocare bene la sua partita. Per quanto tempo puoi ancora permetterti di rimandare l’allenamento? Perché la partita dell’essere genitore, quella non la puoi rimandare, puoi solo finire col giocarla male, perderla, o farti ancora più male.
La scrittura espressiva è uno strumento per tutti (o quasi)
Esiste però una possibilità, uno strumento che a costo zero tutti o quasi possono utilizzare per fare un pezzetto di lavoro psicologico da soli. Non è niente di magico, ma uno strumento antichissimo che oggi è stato studiato per aiutare ancora meglio le persone a elaborare le proprie difficoltà.
Parlo della scrittura.
In particolare parlo di una forma particolare di scrittura, la scrittura espressiva, uno strumento che consiglio spesso ai miei pazienti come integrazione del lavoro che facciamo in seduta ma che può essere utilizzato anche da chi non sta facendo al memento un percorso psicologico ma vuole iniziare a lavorare su alcuni contenuti emotivamente impegnativi.
La scorsa settimana ho parlato del diario dei sogni e il concetto è simile: scrivere aiuta a integrare le informazioni cognitive e affettive della nostra mente, i pensieri e le emozioni. Questo strumento non sostituisce il diario dei sogni ma al massimo lo integra. Vediamo come funziona, quali sono i benefici e quali i possibili rischi.
Sì rischi, perché in tutti gli strumenti di psicologia e crescita personale, anche in quelli che non hanno a che fare con la psicopatologia, ci sono dei confini da non superare per non peggiorare la situazione. Non è un gioco. Per questo ti consiglio sempre di ascoltare le indicazioni di psicologi formati e iscritti all’Ordine e non di persone a caso che si improvvisano consulenti o coach senza la giusta preparazione ed esperienza. Se ci tieni alla tua salute e a quella dei tuoi figli, verifica sempre chi ti da certe indicazioni.
Come funziona la Scrittura Espressiva
Faccio riferimento agli studi di James W. Pennabacker, uno psicologo sociale statunitense che ha molto approfondito questo argomento. L’esercizio che propongo ai miei pazienti è il seguente:
- prendi carta e penna
- pensa a un qualcosa di poco piacevole del passato (un’emozione, un fatto, una situazione, un ricordo)
- metti un timer di 20 minuti
- scrivi il tuo flusso di pensieri senza preoccuparti di grammatica, sintassi, logica o che qualcuno possa mai leggere quelle righe
- vai avanti senza fermarti almeno fino alla fine del timer (quindi almeno 20 minuti). Se senti il bisogno di continuare, continua, l’importante è che tu scriva per almeno 20 minuti.
- finito l’esercizio non rileggere, conserva il quaderno in un posto dove sei sicuro che nessuno possa mai leggerlo oppure distruggi le pagine e buttale via.
A cosa serve?
A elaborare aspetti dolorosi del nostro passato. Non sostituisce una psicoterapia ma ha dei benefici. Scrivere in sé è un modo di integrare ricorsi, emozioni, pensieri e una mente integrata sta meglio. Attenzione però: se senti che fa troppo male ritornare su certi eventi, fermati. Non deve essere una tortura. quel dolore è segnale che quella cosa è troppo per essere affrontata con un esercizio del genere e ti invito a contattare uno psicologo per affrontare quel trauma o quel conflitto.
Perché 20 minuti?
È il tempo necessario per fare un click nella nostra mente e superare delle barriere iniziali. Immaginalo come il tempo minimo per iniziare a bruciare i grassi quando fai esercizio fisico. Il timer è una mia aggiunta: quando si entra nel flusso di coscienza si rischia di perdere un po’ il senso del tempo e il rischio è distrarsi per vedere quanto tempo è passato. Il timer toglie questo pensiero e ci si può dedicare ai nostri contenuti mentali.
Perché non rileggere o buttare le pagine?
È fondamentale che tu ti senta libero di scrivere tutto. Possono essere cose anche brutte, offensive o dolorose. Leggerle potrebbe fare male e il punto dell’esercizio non è farsi del male. Inoltre non devi avere la preoccupazione che qualcuno possa leggere quelle righe. Questa cosa è molto importante: tu puoi pensare le cose peggiori anche delle persone che ami. Puoi odiare, voler fare del male fisico. Ma pensarlo non vuol dire farlo. Con questo esercizio puoi elaborare certe cose, anche brutte, anche che un genitore non dovrebbe pensare, e abbassare la temperatura. Se qualcuno leggesse potrebbe interpretare male e non devi avere questa preoccupazione. Ripeto, se non ci riesci, contatta uno psicologo.
Quante volte farlo?
Dipende. A scatola chiusa direi che dopo 3, massimo 5 giorni di fila di prendersi una pausa, perché può essere faticoso. Quando vedo una persona in terapia posso fare delle valutazioni diverse conoscendo la solidità di quella persona, le sue esigenze, la fatica di alcune situazioni ecc. Consiglio di non fare cose delicate dopo una sessione di scrittura espressiva, perché è emotivamente coinvolgente e potrebbe esserci un senso di maggiore fatica nelle ore successive, perché sono venute alla luce dei ricordi sommersi o delle emozioni inespresse. Dopo questa prima fase, però, anche dopo pochi giorni, si sente un senso di sollievo generale.
Questo esercizio è molto utile se fatto seriamente e può aiutarti a fare un po’ di lavoro su di te anche se non puoi permetterti uno psicologo. Oppure può integrare un percorso già in atto. Io spesso lo faccio, se tu stai facendo un percorso prova a chiedere al tuo psicologo se può essere una buona idea per la tua situazione.
La ricetta per crescere
La scrittura espressiva è un modo per porre attenzione su un qualcosa di tuo e mescolare un po’ per far sciogliere bene gli ingredienti e integrare i sapori, anche quelli più forti. Dura circa 20-30 minuti. In pratica è tipo un risotto.
La ricetta di oggi è una delle mie preferite da preparare ed è molto interessante prepararla insieme ai figli o insegnare (ai più grandi) come si fa. Sia perché non è un dolce e non so perché sembra che con i figli si possano fare solo dolci. Ma soprattutto perché preparare un risotto richiedere una attenzione sostenuta per circa 20-30 minuti: se ci si distrae il risotto si brucia, si attacca o si scuoce. Ottimo per quei bambini che fanno fatica a concentrarsi.
RISOTTO ALLA ZUCCA (per 4 persone)
- 320g di riso carnaroli (o altro per risotti)
- olio
- burro
- cipolla
- sale
- pepe
- brodo vegetale (o anche acqua e sale)
- metà zucca
- un bicchiere di vino
- grana padano
Procedimento
- Mettere il brodo a bollire
- pulire la zucca (fatelo voi, può essere pericoloso per i bambini!)
- tagliarla a dadini
- aggiungere la zucca al brodo
- tagliare la cipolla e aggiungerla in una padella ampia con un filo d’olio
- far sudare la cipolla per 5 minuti e poi aggiungere il riso. Mescolare per qualche minuto per farlo tostare.
- Aggiungere il vino e far sfumare (fatelo aggiungere ai bambini fa ridere il rumore che fa e l’odore che emette)
- quando si è asciugato aggiungere un mestolo di brodo (senza zucca) e iniziare la cottura. Stare attenti, mescolare e far riposare. Ripetere finché non viene assorbito e poi aggiungere brodo.
- A metà cottura aggiungere la zucca. Mescolando, spappolare un po’.
- Procedere fino alla fine del tempo di cottura (di solito 16-18 minuti.
- Spegnere, aggiungere una noce di burro e del grana. Mescolare finché non si è sciolto tutto e lasciar riposare un paio di minuti prima di servire.
P.S.
Scrivetemi il vostro parere sul canale Telegram o condividere una foto del momento in cui preparate la ricetta con i vostri figli sulla mia pagina Instagram.